La storia della ristoratrice che ha aggiunto 2€ al conto per un piattino (vuoto) ha fatto il giro del web.
Volendo evitare il pettegolezzo e provando ad “estrarre” una lezione da questi episodi, faccio un’analisi commerciale con il desiderio che sia tu ad arricchirla (l’economia non è una scienza esatta ed i manuali di comunicazione in Italia li ha scritti Umberto Eco: nessun tema è più soggetto ad interpretazioni :).
Lezione 1. I clienti sono irrazionali
In qualità di imprenditore, freelance, amministratore o manager in situazioni come quella in cui si è trovata la ristoratrice dovresti farti questa domanda: vuoi un cliente contento o vuoi aver ragione? Nel caso della signora ristoratrice appare evidente come la risposta coincidesse con la seconda opzione: ha voluto dare una lezione al suo cliente. Cosa sarebbe successo se avesse aggiunto 2€ al coperto? oppure se avesse fatto a meno di quei 2€?
Tra i due soggetti, il più razionale deve essere il titolare di azienda. Tramutare un ristorante in un istituto di formazione, elargendo lezioni (non richieste e gratuite) agli avventori può rivelarsi inefficace.
Aggiungo che il mancato ascolto dei consumatori, in queste circostanze, si tramuta in una mancata opportunità. Mi pare evidente, ad esempio, che l’offerta della ristorazione si stia sempre più “divaricando” tra chi offre opportunità gastronomiche a basso prezzo (fast food) e a prezzo alto (ristoranti gourmet). Stare a metà del guado rischia di non pagare né domanda né offerta e quindi avrebbe senso rivedere la propria proposta di valore.
Lezione 2. I consumatori hanno un megafono grande
Mai come in questa epoca un consumatore insoddisfatto avrebbe potuto ottenere una risonanza mediatica come in questo caso (ed in altri casi simili).
Il potere che ha un consumatore, oggi, di raggiungere un numero importante di altri consumatori si deve tradurre in una presa di coscienza da parte degli operatori economici. Se è vero che il cliente ha sempre ragione, oggi ha ancor più ragione.
E se appartieni alla fazione di coloro i quali pensano che una parte di responsabilità l’abbia anche l’avventore (in questo caso una famiglia di 3 persone che ha condiviso un primo piatto ed un secondo piatto) e chi, come lui, pensa che abbia ragione non dimenticare la prima legge della stupidità secondo Carlo Maria Cipolla: esiste una frazione della popolazione composta da stupidi (coloro i quali arrecano danno agli altri senza trarre vantaggi) e quella frazione è sempre sottostimata.
Non sono sicuro che questa legge si possa applicare a questo caso, ma rimane strumento utile di critica 🙂
Lezione 3. Riorientare la propria proposta di valore è faticoso
Dubito che un ristoratore non riesca a constatare un cambio radicale nelle abitudini dei consumatori. Senza dubbio avrà avuto occasione di confrontarsi, parlarne con parenti e amici, cogliere se non tutti i dettagli quantomeno degli elementi macroscopici. Allora la domanda è: perché non cambiare la propria offerta? perché non constatare che rischia di essere anacronistica ed inadeguata? perché non muoversi in una direzione che soddisfi le sue casse ed il gusto dei clienti?
Naturalmente la mia è una congettura, non ho le informazioni per poter porre la giusta domanda e dare una risposta sul caso in specie.
Piuttosto vedo un atteggiamento comune con chi prova ad affrontare la trasformazione digitale in azienda. Chi usa come “frase rifugio” il rassicurante “abbiamo sempre fatto così” che appaga soprattutto il senso di sicurezza e un benessere psicofisico della mitica zona di confort.
Ma che allo stesso tempo tiene lontani dall’innovazione, dal commercio elettronico, dall’intelligenza artificiale, dal crowdfunding e da tutte le altre tendenze che possono rivelarsi occasione unica, quando non indispensabile alla sopravvivenza della propria azienda.